SPECIALE: La storia della disabilità

SPECIALE: La storia della disabilità

di Pamela Stracci

La disabilità non è qualcosa di fuori dal comune! La storia della disabilità è intrecciata con quella dell’umanità, poiché è una condizione che accompagna l’uomo sin dalle origini.

Prima di entrare nel dettaglio bisogna dare però una definizione di disabilità capace di fare quanto meno da base per intenderci nelle successive costatazioni. Il concetto di disabilità non è univoco né universale. La disabilità – secondo la definizione più condivisa anche con riferimento alla Convenzione Onu sui Diritti delle persone con disabilità – è “la condizione di chi, a causa di una o più menomazioni croniche, strutturali o funzionali, ha una ridotta capacità di integrazione con l’ambiente sociale rispetto a quella considerata la norma, ed è quindi meno autonomi nello svolgimento delle attività quotidiane e spesso svantaggiato nella partecipazione alla vita sociale.”

Iniziando dalla preistoria non abbiamo moltissime informazioni in tal senso perché questo periodo storico non ha una documentazione scritta che ci permetta di conoscerne la storia. Dobbiamo necessariamente utilizzare i ritrovamenti che ci aiutano comunque a individuare delle caratteristiche che ci permettono di capire la presenza di malattie in particolare genetiche dove si cela una possibile disabilità.

In alcune sepolture preistoriche sono state rinvenute persone affette da nanismo come per le sepolture della Grotta del Romito a Papassidero in provincia di Cosenza (Romito 1-2) dove sono presenti due individuo di circa 15-20 anni, uno maschile di statura pari a 1,4 metri e un individuo femminile della statura di 85 cm. La sepoltura era stata corredata da un corno di Bos primigenius, un toro oramai estinto. Dal corredo funerario è chiaro che era una sepoltura degna di ogni membro della comunità. Dati come questi, ci suggeriscono che all’interno delle comunità le persone disabili avevano un’appartenenza completamente integrata.

Esiste una solidarietà umana che tutte le società antiche, preistoriche, possiedono nel prendersi cura delle persone disabili che, assistite dai loro famigliari ma anche da tutta la collettività, erano comunque parte integrande della comunità.

grotta del romito
Graffito Bos Primigenius - Grotta del Romito a Papassidero

Passiamo all’epoca antica. Iniziamo col dire che in questo periodo c’è una grande distinzione tra disabilità motoria e sensoriale.

Nella Grecia il culto del corpo, un corpo perfetto e performante, era una parte fondamentale della società e le disabilità in particolare motorie erano quelle più stigmatizzate. Il destino dei bambini nati con deformazioni fisiche era quello di essere, nel migliore dei casi, abbandonati o peggio uccisi. Per i pochi sopravvissuti, se facevano parte di un ceto ricco, la disabilità non andava a influenzare il benessere del disabile, mentre se appartenevano a classi sociali basse vivevano poi in estrema povertà, ai margini della società. La disabilità sensoriale veniva invece legata al misticismo, alla magia e quindi in un certo senso era considerato come un “dono” e le persone che avevano questo dono venivano esaltate e ammirate: basti pensare a personaggi come Omero che era cieco, o Tiresia, il veggente reso cieco da Era o Atena a seconda del mito.

La Roma antica non era da meno per i nati con deformazioni fisiche: i bambini nati con malformazioni, venivano abbandonati in luoghi impervi e sperduti, un bosco abbandonato, un dirupo, tali che la sopravvivenza del piccolo era pressoché impossibile, una sorta di uccisione passiva o indiretta, dilaniati dalle fiere o morti di stenti. Se la disabilità sopraggiungeva da adulto, l’aiuto e la considerazione che veniva data alla persona con disabilità dalla società dipendeva dalle condizioni sociali della persona stessa.

Les Mendiants - Pieter Brueghel l'Ancien - Musée du Louvre Peintures

Con il medioevo europeo e il cristianesimo c’è un cambio di rotta non indifferente. Valori come la carità umana e la solidarietà abbracciano le persone con disabilità sì ma a determinate condizioni. Non sono più tollerati gli omicidi ma assistiamo la nascita di comunità anche autogestite di persone disabili che chiedono la carità e ne dividono il ricavato tra di solo per una solidarietà comune tra tutti i membri. I disabili di queste comunità riconosciute vengono identificati con dei vestiari, delle tuniche particolari, per distinguerli da chi chiedeva la carità ma non apparteneva ad alcuna comunità. Naturalmente questo vestiario era una forma di sostegno e tutela che portava però un forte stigma sociale con sé.

Nell’epoca moderna ci si avvicina all’epoca attuale con la nascita della pedagogia sociale, con le prime forme di sostentamento – una sorta di “pensione” – per i soldati che avevano servito il signore ed erano diventati disabili a seguito di campagne di guerra e che quindi non possono più lavorare, alla nascita dei primi istituti di accoglienza dei disabili non solo religiosi ma anche pubblici che si occupano non solo del sostentamento e della tutela ma anche della formazione delle persone con disabilità, e la nascita delle prime teorie sull’eugenetica e sulla disabilità intellettiva che porteranno poi alle teorie darwiniane e lombrosiane a cavallo tra l’800 e il ‘900.

Autoritratto con il ritratto del dottor Farill, 1951 - di Frida Kahlo
Autoritratto con il ritratto del dottor Farill, 1951 - di Frida Kahlo

È chiaro che, in questa nuova concezione, si matura l’idea della formazione e dell’istruzione delle persone disabili. Dalla documentazione storica nel 1600 vengono fondati i primi istituti “speciali” per le persone sorde, nel 1700 per le persone cieche, nel 1800 per i disabili intellettivi e nel 1900 per le persone con disabilità motoria. Si forma un’attenzione crescente e una sensibilità importante per le persone con disabilità. Nel ‘900 c’è la vera integrazione delle persone disabili all’interno degli istituti scolastici non speciali, per poi passare alle grandi riforme degli anni sessanta per i di-ritti civili delle persone con disabilità.

Il ‘900 è il periodo dell’eugenetica. Per Hitler, l’eugenetica è l’igiene raziale e con l’aberrante piano Action T4 anticipa le leggi raziali e poi l’olocausto degli ebrei. Ebbene sì, Hitler anticipa l’olocausto, facendo la prova con la strage delle persone con disabilità. Queste persone erano inserite in ospedali o strutture apposite che si occupavano di curare le persone disabili e poi da lì, o dalle proprie case, venivano prelevate e uccise in camere a gas o con iniezioni letali. Le famiglie venivano solo avvisate che il paziente era semplicemente morto. In questa prospettiva disumana, il disabile era visto solo come un peso che non dava alcun tipo di contributo alla società, quindi potevano diventare cavie perfette per questi piani aberranti fatte in nome di una eugenetica cieca, che nell’ultima enfasi vede l’essere umano solo nella forma e non nella sostanza.

Il Novecento è anche il secolo delle due grandi guerre mondiali che – così come successo nel medioevo – hanno portato molti disabili anche tra chi prima non lo era, con la differenza che questi sono eroi – e non pesi – impossibili da ignorare. C’è questo sentimento che crea scompiglio nella popolazione, perché andando in guerra si può diventare disabili, può diventarlo anche chi è a noi più vicino e c’è un’alta probabilità di incorrere in questa “disgrazia” perché il conflitto è lungo, aspro ed estenuante. Nasce l’associazionismo e i primi movimenti per i diritti delle persone disabili, sia nate in questa condizione che ex soldati reduci di guerra, un sentimento, una nuova prospettiva, che sorge sulla scia dei movimenti attivisti delle persone nere negli Stati Uniti, di quello per i diritti delle donne (ricordiamo per esempio il movimento delle Suffragette) e così via.

Nel finire del secolo passato, il nuovo modello di disabilità è conformato sull’approccio definito dalla Convenzione delle Nazioni Unite, con una visione non più medica ma biopsicosociale.

La storia delle persone con disabilità è la storia di tutti noi, che è passata anche attraverso stragi e conquiste sociali.

Oggi riguardando la storia della disabilità l’umanità ha fatto un bel salto avanti se guardiamo da dove siamo partiti ed è chiaro che la società gioca un ruolo fondamentale per fare della disabilità una diversa abilità completamente integrata.

Un salto avanti sì, almeno fino a qualche giorno fa quando il governo di Milei ha stabilito che le persone con disabilità vengano classificate con termini di vecchio stampo, ormai ritenuti offensivi e non opportuni, come “idiota”, “imbecille” e “debole mentale”. Questa decisione, ufficializzata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Argentina, rappresenta una violazione degli accordi internazionali contro la discriminazione e impone una riflessione profonda per tutto il mondo civile.

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