Il conflitto israelo-palesinese: ripercorrere la storia per comprendere
di Pamela Stracci
Le radici del conflitto nella Terra Promessa affondano nella notte dei tempi, intrecciandosi con la storia e la religione di Abramo e dei suoi discendenti e quella delle popolazioni palestinesi che abitano quelle terre da origini remote.
La storia del popolo di Israele
Tutto ebbe inizio circa 2000 a.C., quando il Dio degli Ebrei promise ad Abramo la Terra Promessa, siglando un patto con lui simboleggiato dalla circoncisione. Abramo e suo figlio Isacco dovettero però affrontare la resistenza dei popoli cananei già presenti nella terra della Palestina, dando inizio a un conflitto destinato a durare per secoli.
Giacobbe, nipote di Abramo, ereditò la promessa e il nome di Israele dall’ebraico (Yisra’el), che può essere interpretato come “colui che combatte con Dio”. Le dodici tribù di Israele, discendenti da Giacobbe, si stabilirono in Canaan, ma vissero periodi di schiavitù e oppressione in Egitto. Fu Mosè, circa 1300 a.C., a guidare gli Israeliti fuori dall’Egitto e verso la libertà, consegnando loro i Dieci Comandamenti sul Monte Sinai dopo un duro pellegrinaggio nel deserto durato 40 anni. Intorno al 1200 a.C., sotto la guida di Giosuè, gli Israeliti conquistarono la Terra Promessa, combattendo contro i popoli cananei, tra i quali i Filistei, e dividendo la terra tra le tribù. Il regno di Israele visse un periodo di unità sotto la monarchia di Saul, Davide e Salomone, quest’ultimo famoso per la costruzione del Primo Tempio a Gerusalemme. Tuttavia, dopo la morte di Salomone, il regno si divise in due: Israele a nord e Giuda (della Giudea) a sud, entrambi soggetti a invasioni e dominazioni straniere.
Il Primo Tempio, costruito da re Salomone intorno al 960 a.C. sulla spianata dove oggi sorgono le moschee di Al Aqsa e di Omar, fu distrutto nel 586 a.C. dal re babilonese Nabucodonosor durante la guerra mossa contro l’Egitto per la conquista del territorio dell’attuale Siria: gli ebrei vennero esiliati da quelle terre. Solo nel 538 a.C., sotto il dominio persiano di Ciro il Grande, gli ebrei poterono tornare in Israele e ricostruire la “Casa di Dio”.
Il periodo successivo fu segnato da conquiste straniere, prima da parte dei greci di Alessandro Magno, poi dei romani. La rivolta ebraica contro i Roma culminò nella Prima guerra giudaico-romana e nella distruzione del Secondo Tempio nel 70 d.C. da parte dei romani, evento che determinò la diaspora ebraica in tutto il mondo.
Da allora, la Terra Promessa non ha mai conosciuto una vera pace. Crociate, guerre ottomane e colonialismo britannico hanno contribuito a un clima di tensione permanente, sfociato nel conflitto arabo-israeliano del 1948 con la fondazione dello Stato di Israele. Guerre e scontri con i paesi arabi, in particolare con i palestinesi, hanno caratterizzato il panorama geopolitico fino ai giorni nostri.
La storia del popolo palestinese
La Palestina nel 3° millennio a.E.C. era un territorio fiorente con le sue città stato come Megiddo, Gerusalemme, Hazor e Gezer. Il commercio era fiorente, con la Palestina che fungeva da ponte tra l’Egitto e la Mesopotamia. La religione era politeista, con divinità legate alla natura e all’agricoltura.
Intorno al 2700 a.C., la Palestina fu conquistata dagli Hyksos, un popolo di origine semitica che governarono il territorio per circa 150 anni, prima di essere cacciati dagli Egiziani.
Nel 1550 a.C., l’Egitto conquistò nuovamente la Palestina, dando inizio al Nuovo Regno.
Nel decimo secolo a.E.C. nella regione palestinese nasce il primo Stato ebraico indipendente che dopo la morte di Salomone si divide in due regioni: Israele e Giuda.
Dall’ottavo secolo a.E.C. la Palestina cade prima sotto il controllo Assiro, poi i Babilonesi i Persiani, i Greci, i Romani e infine l’Impero Bizantino nel quinto secolo d.E.C. Poi sarà la volta degli Arabi che nel 7° secolo la islamizzarono, poi teatro di crociate dopo l’anno mille, nel Cinquecento cadde sotto il dominio dell’Impero ottomano dove rimase fino agli inizi del XX secolo.
Negli ultimi decenni dell’ottocento molti ebrei in fuga dall’Europa orientale a causa delle persecuzioni razziali antisemite, trovano rifugio in Palestina. È questo il momento in cui il movimento sionista ravviva il fuoco della “Terra promessa” con l’intento di creare in Palestina il nuovo Stato ebraico.
Nella Prima Guerra Mondiale la Palestina è sotto il dominio della Gran Bretagna agevolando l’immigrazione ebraica in quei territori nei crescenti scontri tra ebrei e arabi. Nella Seconda Guerra Mondiale l’accanimento e lo sterminio nazista accelerò il processo e nel 1948 venne proclamato lo Stato di Israele nei territori che erano della Palestina.
L’acredine crescente tra il nuovo Stato di Israele e gli Stati arabi e palestinesi che si sono visti sottrarre le terre, presero vita le guerre arabo-israeliane del 1948-49 (la prima guerra arabo-israeliana), del 1956 (la guerra con l’Egitto), del 1967 (la Guerra dei sei giorni) e del 1973 (la guerra del Kippur).
Nascono i nuovi profughi, che stavolta sono i Palestinesi, cacciati da quelle che erano state per oltre 500 anni le loro terre, si trovano dopo il conflitto del 1948-49 a fuggire nei vicini stati arabi stipati in invivibili campi di accoglienza o a rifugiarsi nella Cisgiordania e nella striscia di Gaza occupate poi dagli israeliani dopo la guerra del ’67. Un clima tremendo dove nel 1964 sorse l’Organizzazione per la liberazione della Palestina con il leader Yasser Arafat e poi nel 1987 Hamas, la organizzazione politica palestinese islamista considerata in particolare dalla Unione Europea e dagli USA come organizzazione terroristica: un periodo di lotte armate, rivolte e terrorismo, che perdura sino ad oggi.
Nel 1993 lo storico accordo in base al quale lo Stato di Israele e L’Organizzazione per la Liberazione della Palestina si riconobbero reciprocamente con l’istituzione dell’Autorità Nazionale Palestinese. Nel 2000 una nuova rivolta si montò contro l’occupazione israeliana e per l’indipendenza della Palestina.
Il conflitto israelo-palestinese oggi
La complessità del conflitto nella Terra Promessa deriva da una mescolanza di fattori religiosi, storici e politici, rendendo difficile una soluzione definitiva. Le diverse interpretazioni della Terra Promessa, le rivendicazioni territoriali e le aspirazioni di autodeterminazione dei popoli coinvolti alimentano un clima di tensione e instabilità che perdura dal 1948 che si sta tramutando in un conflitto su larga scala.
Lo scorso 7 ottobre Hamas lancia l’operazione “inondazioni di Al-Aqsa”. Si legge nell’Ansa dello stesso giorno che: “in un comunicato Hamas afferma di aver lanciato 5.000 razzi, per “mettere fine ai crimini di Israele, riferendosi alle “profanazioni” dei luoghi santi di Gerusalemme e al “rifiuto” israeliano di “liberare i nostri prigionieri””.
Mentre in redazione chiudiamo questo articolo, l’aggiornamento di Rai News del 29 febbraio (11:57) riporta che “Oltre 30mila palestinesi sono rimasti uccisi nella Striscia di Gaza dall’inizio della guerra. Lo afferma il ministero della Salute di Gaza, controllato da Hamas. Il dato non distingue fra civili e combattenti, ma il ministero dichiara che la maggior parte sono donne e minori”.
Prospettive di pace
La ricerca di una pace duratura richiede un impegno costante da parte di tutte le comunità coinvolte, basato sul dialogo, sul rispetto reciproco e sul riconoscimento dei diritti di tutti. Solo attraverso la comprensione e la cooperazione si potrà forse raggiungere una soluzione pacifica e giusta per questa terra – e non solo questa – tanto contesa anche se di certo è più facile a dirsi che a farsi.
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