Gloria Giacomoni: La via del Viet Tai Chi
Il Viet Tai Chi (dal vietnamita “Coltivare l’energia per elevarsi”) è una disciplina nata nel 1990 quando il Maestro Fondatore Charles Phan Hoang (Vietnam, 1936), artista marziale e docente di scienze sociali ed economiche, presentò a Ginevra i risultati di lunghi studi condotti sulle arti marziali. Questi studi lo portarono alla creazione una disciplina basata sull’incontro tra la millenaria tradizione delle arti marziali, e della Medicina Tradizionale Cinese, e il mondo occidentale. La pratica del Viet Tai Chi si basa sui Quyen (sequenze di movimenti), su tecniche di respirazione e meditazione, coordinazione e postura, e sull’uso delle armi tradizionali del popolo vietnamita (bastone, spada, ventaglio). Concetto fondamentale è il Qi, l’energia vitale che permea ogni cosa. Lavorare su questa energia permette il raggiungimento del benessere e della felicità, e lo sviluppo armonioso delle nostre potenzialità. Come afferma il Maestro Bao Lan, A.S.D. Viet Tai Chi Italia: “Il Viet Tai Chi vuole essere un movimento mondiale della salute, la sua origine è nel Vietnam, ma la sua vera patria è il regno senza frontiere degli uomini, come lo ha definito il Grande Maestro Phan Hoang, il Fondatore.” (cit. tratta da “Viet Tai Chi Quang Lo – La Grande Via” (2019) VTC A.S.D.). Scopriamo di più insieme all’istruttrice Gloria Giacomoni di Bolzano (M.S.).
Intervista
Come si è avvicinata a questa disciplina?
Ho iniziato ad avvicinarmi al Tai Chi per pura curiosità, nel 2009, partecipando ad un ciclo di 8 lezioni proposte da un centro a Bolzano. Ricordo che partecipai solo a parte delle lezioni per motivi personali, e soprattutto che la sensazione a fine lezione era di grande stanchezza, una sorta di peso e di pensiero simile a “Beh, anche questa è andata!”. Le lezioni erano tenute da un bravo istruttore, era un monaco tibetano originario del Veneto, ma il suo insegnamento pareva quasi “punitivo” e non mi aveva trasmesso granché. Diciamo che alla prima occasione ho colto la palla al balzo usandola come alibi per non frequentare più le lezioni. Ma non contenta, l’anno successivo ho pensato di riprovare. Il centro aveva cambiato istruttore. Un po’ amareggiata, nonostante la precedente esperienza non scoppiettante, ho deciso di riprendere: la nuova insegnante era una Maestra di Viet Tai Chi (VTC), gioiosa e brillante, sorridente e, lezione dopo lezione, ho capito che mi stavo divertendo, ed ho proseguito. Stavo bene, non mi affaticavo e soprattutto, la mia testa rimaneva scollegata dai pensieri costanti per almeno un’ora.
Aveva già praticato arti simili?
Avevo già avuto contatto con il mondo delle arti marziali: dieci anni di Judo da giovanissima, uno alla cintura marrone, e qualche anno nella preparazione alla Kick Boxing. Ma certamente non c’è molta similitudine, almeno nell’approccio iniziale, anzi.
Ha qualche aneddoto sul suo percorso di studio?
Nella mia ormai lunga presenza nel mondo del VTC, ci sono stati diversi episodi simpatici. Uno dei tanti è rappresentato dal primo esame allo stage di Pesaro: arrivata in stazione in una giornata spaziale, ho voluto godermi ogni attimo di quell’esperienza arrivando a piedi (una camminata di circa mezz’ora, a passo veloce) fino alla palestra ed all’hotel, lì accanto. Vuoi il caldo, vuoi il passo veloce e la scarpa sbagliata, mi sono resa conto che iniziavo questo esame con i piedi ricoperti di vesciche, tanto da dover camminare soltanto appoggiandomi in modo assolutamente ridicolo sui bordi esterni della pianta del piede! Ma il primo esame era comunque andato.
Cosa le ha fatto capire che il VTC era la “sua disciplina”?
Non saprei dire con certezza quando ho capito che era la mia disciplina, mi divertivo, facevo una fatica incredibile a memorizzare questi movimenti, a legarli insieme, a trovare il coordinamento, spesso la sera mi addormentavo pensando a certi passaggi, ed ero mentalmente esausta nel tentativo di ricostruirli, e tutto questo era comunque adrenalina e cocciutaggine. Ma la magia si è rivelata al primo stage, ricordo che era a Tres, in Val di Non. Sono partita la mattina presto per essere nel luogo convenuto alle 8.30 del mattino. Entro in palestra, indosso la mia divisa improvvisata, pantalone e maglietta nera, e varco la soglia, sola, spaesata, cercando lo sguardo della mia Maestra come unico punto di riferimento. C’erano un centinaio di persone, quasi tutte indossavano un kimono nero con la schiena ricamata con il simbolo “Viet Tai Chi Italia”. Che fascino! Inizia l’allenamento: in pochi attimi, il richiamo del Maestro Bao Lan e degli altri Maestri presenti ci mette tutti in file ordinate, quasi sull’attenti, in silenzio. Saluto, e a turno alcuni istruttori iniziano il riscaldamento. Poi veniamo divisi per grado, e noi giovani allievi con un occhio seguiamo un Maestro che ci fa ripetere le forme del primo anno, con l’altro, con un filino di bava alla bocca (si chiama invidia!), osserviamo gli istruttori “muoversi” in un’armonia che mai avrei immaginato! L’energia, la disciplina, la pace, il silenzio, il lavoro duro e costante di 3 ore del mattino ed altrettante nel pomeriggio, per concludere questa giornata con il saluto, tutti insieme, ci avevano trasmesso una carica vitale ed una gioia nel cuore che non avrei mai immaginato. Beh, penso proprio che in quella giornata mi son giocata, a 50 anni, il mio futuro! Era proprio la mia disciplina!
Cosa prova mentre pratica il VTC?
Mentre pratico VTC sono nel presente, sono lì e basta. Respiro, mi muovo, lavoro sodo e sto bene. È una presenza in armonia e serenità, nonostante la fatica. È bellissimo.
La sua vita, la sua percezione della vita, è cambiata con la pratica del VTC? Come?
La mia vita è cambiata naturalmente moltissimo. L’elenco potrebbe durare ore! Scherzi a parte, ogni azione che si compie è filtrata attraverso il VTC: ho imparato a respirare innanzitutto, e questo mi ha reso più calma e più equilibrata, aiutandomi anche nelle difficoltà. Ho potuto accrescere l’autostima, mano a mano che progredivo, capivo che potevo fare cose che mai avrei pensato di riuscire a fare. Poi accadono situazioni imprevedibili: ascolti musica e ti metti a ballare con questi movimenti aggraziati e ti trasformi. E la vita assume un valore diverso, perché c’è sempre quel momento della giornata che ti conduce a muoverti, o solamente a pensare, ad un movimento oppure ad un concetto (non dimentichiamo che la Medicina Tradizionale Cinese è la fonte di questa disciplina, e praticare VTC è pensare alla salute, fisica e mentale, e se si vuole approfondire un tema ad essa legato, si apre un mondo di conoscenza e di curiosità). E la mia salute ne ha tratto beneficio, la mia flessibilità, armonia, il mio modo di essere, più calmo e riflessivo, meno ansioso.
Come si diventa istruttori di VTC?
Il percorso ti porta dopo 4 anni di pratica ad affrontare un esame da istruttore. Ci sono Quyen (forme) impegnativi da imparare ed una tesi da scrivere. Negli anni precedenti sei testimone delle cerimonie di assegnazione della cintura nera da istruttore, e pensi solo che vuoi arrivare lì, a quel momento in cui il Maestro ti consegna un diploma di istruttore e tu, con la cintura nera nuova annodata intorno alla vita, con posa fiera reciti il giuramento insieme a tutti quelli che insieme a te hanno sostenuto l’esame. È un’emozione incredibile. Ricordo di aver pianto di gioia con lo sguardo infilato negli occhi della mia Maestra Ines, che mi ha sempre sostenuto ed incoraggiato per raggiungere quell’obiettivo. Da quel momento, lavori per migliorarti ed essere degno del tuo diploma ed arrivare un giorno a trasmettere questa disciplina ad altre persone.
Considerati i molteplici livelli sui quali il VTC lavora, non deve essere semplice insegnarlo. Qual è il suo obiettivo come istruttrice?
Il mio obiettivo è continuare a crescere, studiare per proporre con coscienza e preparazione l’uso delle armi, esercizi di Chi kung e dare il mio contributo per rendere le persone felici, mostrar loro questa via di salute e benessere, e creare intorno a me una comunità di persone che lavorino insieme alimentando energia ed armonia anche tra loro. Sono fortunata, perché i miei allievi sono meravigliosi e solidali, non c’è competizione, ma solo l’immensa gioia di imparare ed aiutarsi reciprocamente.
Molte discipline, come il VTC, non sono di immediata comprensione soprattutto in termini di risultati rapidi. Quali sono i benefici che la pratica porta nella vita delle persone?
I benefici sono molti: corpo flessibile, mente sana ed equilibrata, spirito che segue un cammino filosofico in armonia con l’Universo. La risposta è breve, ma il senso è che si pratica Viet Tai Chi per essere in buona salute e vivere felici.
Cosa consiglia a chi vuole avvicinarsi al VTC?
Di avvicinarsi e basta! Provare, senza pregiudizi, ed avere la pazienza di raggiungere i primi risultati e sensazioni di benessere prima di arrendersi; è pur vero che non tutti sono fatti per il VTC, non per l’aspetto delle capacità fisiche, anzi, ma per la predisposizione mentale. Bisogna provare e capire.
Ci sono controindicazioni alla pratica di questa disciplina?
Non esistono controindicazioni nella pratica del VTC: è consigliato anche da medici e fisioterapisti per il recupero post traumatico, ci sono malattie invalidanti che traggono immensi benefici dalla pratica costante di questa disciplina (il Parkinson, disturbi psichici, fibromialgia e molte altre), il mondo occidentale fa fatica a riconoscerne il valore, ma dovrebbe essere divulgata la sua pratica anche nelle scuole, per insegnare ai giovani innanzitutto a respirare correttamente, fattore che sta alla base della salute (si potrebbe aprire un immenso capitolo in merito). Il modo più sicuro per praticarlo è avere un buon istruttore e seguire i suoi consigli: non viene mai richiesto nulla ad un nuovo allievo che esso non possa fare, e si parte sempre da una preparazione fisica cauta ed incentrata sulle respirazioni.
Immagino che il VTC le abbia donato molti meravigliosi insegnamenti. Qual è quello che sente di voler condividere con i lettori?
Vorrei essere molto semplice: il Viet Tai Chi è stato un grande regalo per me. Le arti marziali in genere insegnano l’arte della virtù, della gentilezza, della lealtà, valori che con la pratica del Judo, e per altre vie, avevo già imparato. Il VTC mi ha insegnato ad avere fiducia nelle mie capacità, e soprattutto, mi ha insegnato che non ci sono limiti alle nostre potenzialità, dobbiamo solamente credere che possiamo riuscire con la pratica e la costanza a fare cose incredibili.
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A cura di Moreno Stracci
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