Abracadabra: Storia e significato di una parola
Abracadabra: Storia e significato di una parola
Tutti noi abbiamo almeno una volta pronunciato la parola Abracadabra. Oggi la parola è indissolubilmente legata al mondo dei giochi di prestigio. È una formula evocativa, usata da maghi e illusionisti per sorprendere il pubblico, spesso di bambini, con trucchi e trasformazioni.
Di Moreno Stracci
Nel tempo, il termine ha perso gran parte del suo significato originale, assumendo una connotazione goliardica e finanche patetica con la quale schernire qualche malcapitato mago. Eppure, “abracadabra” ha origini antichissime e, un tempo, racchiudeva una carica simbolica e spirituale straordinaria, legata a concetti profondi di creazione e trasformazione.
Le radici antiche di una formula misteriosa
L’etimologia di “abracadabra” resta oggetto di dibattito tra studiosi, ma le teorie più accreditate ne rivelano un fascino senza tempo.
Origine aramaica: una delle ipotesi più accettate lega il termine all’aramaico avra kehdabra, traducibile come “creerò mentre parlo”. Secondo il filologo Salomon Schechter, questa etimologia sottolinea il potere della parola come atto creativo, in linea con la maggior parte delle tradizioni spirituali, che vedono il linguaggio come strumento per modellare la realtà.
Origine ebraica: alcuni studiosi vedono una radice ebraica nel termine, connessa a abarah (passaggio) e dabar (parola o cosa). Questa interpretazione rafforza l’idea che pronunciare un incantesimo significhi portare all’esistenza ciò che si desidera (ottenere o scacciare).
Origine greca: una teoria meno conosciuta ma affascinante lega il termine al greco antico, con l’espressione abra katà abra, interpretata come “spirito dopo spirito”. Qui, abra potrebbe derivare da abraxas (ἀβραξάς), simbolo gnostico del ciclo cosmico e della totalità dell’essere, mentre katà indica una sequenza o un passaggio dall’alto verso il basso. Questa interpretazione suggerisce che “abracadabra” rappresenti un movimento fluido tra i mondi, una transizione tra forze o energie che, essendo richiamate dalla formula, discendono una dopo l’altra nel mondo della realtà materiale.
Questa pluralità di origini dimostra come la parola abbia avuto, sin dall’antichità, un significato profondo legato alla connessione tra il visibile e l’invisibile, il materiale e lo spirituale.
Abracadabra come amuleto medievale
Nel Medioevo, “abracadabra” veniva inscritta su amuleti, spesso seguendo una struttura a triangolo rovesciato dove la parola ripetuta diveniva palindroma (poteva cioè essere letta in diverse direzioni). Questi amuleti erano ritenuti strumenti di protezione contro le malattie, come la peste, e contro influenze maligne. La disposizione delle lettere, che sembravano svanire gradualmente, simboleggiava l’indebolimento delle forze negative o dei mali fisici. La potenza dell’incantesimo era sicuramente rafforzata dalla sua veste fonetica e prosodica: la presenza di una sola vocale, la “a”, produceva un’apertura che simbolicamente permettema un passaggio di energia abbondante, rafforzato dal nesso “br” dove la prima consonante creava un’esplosione seguita dalla vibrazione robusta della “r”. Ripetendo più volte l’incantesimo, scopriamo poi un ritmo incalzante che può portare a esperienze di tipo estatico.
La prima testimonianza arrivata a noi sull’uso della parola come incantesimo di guarigione si ritrova nel Liber Medicinalis di Sereno Sammonico, medico romano del III secolo d.C., così come la prima raffigurazione del triangolo rovesciato.
Il significato profondo: parola, creazione, magia
“Abracadabra” incarna un concetto universale: la parola come mezzo per trasformare la realtà. Ludwig Wittgenstein, il filosofo austriaco, osservava nel suo Tractatus logico-philosophicus (1922) che “I limiti del mio linguaggio significano i limiti del mio mondo”, sottolineando che il linguaggio non è solo un mezzo di comunicazione, ma un filtro attraverso cui percepiamo e creiamo la realtà. In questo senso, pronunciare una parola di potere come “abracadabra” non è un gesto passivo, ma un atto creativo.
L’umanità, da sempre, crea incantesimi per cercare di esercitare un controllo simbolico sul mondo. Gli incantesimi non sono solo una risposta alle paure – malattie, carestie, morte – ma anche un’affermazione di speranza e desiderio. La magia rappresenta la tensione tra il conosciuto e l’ignoto, tra il bisogno di sicurezza e la spinta verso l’oltre. Secondo Carl Gustav Jung, padre della psicologia del profondo, la magia e i rituali rappresentano un tentativo archetipico dell’inconscio collettivo di integrare forze opposte e trovare equilibrio.
Perché la parola è importante per creare?
Il linguaggio, e con esso le parole di potere, non serve solo a descrivere il mondo, ma a plasmarlo. Pronunciare una formula magica come “abracadabra” significa dare forma a un’intenzione, rendere visibile ciò che ancora non esiste. Hannah Arendt, filosofa e politologa tedesca naturalizzata americana, scriveva che “il linguaggio è il mezzo attraverso il quale l’uomo diventa pienamente umano”. La parola, dunque, non è solo uno strumento di comunicazione, ma una manifestazione dell’essenza stessa dell’essere.
In definitiva, “abracadabra”, lontano dall’essere una banale espressione da illusionisti, è un richiamo alle origini del nostro rapporto con la creazione e con l’ignoto. Ogni volta che pronunciamo questa parola, richiamiamo un gesto antico e profondo: il desiderio di comprendere il mondo, superare le paure e trasformare la realtà attraverso la forza della parola. cercando risposte all’eterno enigma dell’esistenza.
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